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martedì 25 marzo 2008

Il “No alla guerra” compie 50 anni - Così nacque il simbolo della pace

Hola carissim*,
attingo da Repubblica On-Line, proprio non potevo esimermi dal postare quest’articolo.

Caire atque vale
↓seppe

Un grafico usò l’alfabeto marinaro per regalare un marchio
agli attivisti inglesi che si battevano contro il nucleare
Il “No alla guerra” compie 50 anni - così nacque il simbolo della pace
dal nostro inviato VITTORIO ZUCCONI

WASHINGTON - L’omino disperato che abbassa le braccia, ma che non si arrende di fronte all’idiozia della guerra, il simbolo inerme che terrorizza gli armati, falchi, guerrieri, prepotenti, commissari e generali compie cinquant’anni e se disperato sempre rimane, ancora non si è stancato di non combattere.

Era nato, molto opportunamente, un venerdì santo come questo, nel giorno che commemora il massimo sacrificio di un portatore inascoltato di pace, ma non era nato negli Stati Uniti che lo avrebbero poi imposto al mondo scarabocchiato, cucito o appuntato alle divise della protesta per l’ennesima inutile strage, quella volta in Indocina. Era nato a Londra, a Trafalgar Square, nella marcia delle cinquanta miglia organizzata nel 1958 dai pacifisti inglesi per protestare invano contro il riarmo nucleare britannico.

Come figlio di una potenza dei mari, fu quasi naturale che quel simbolo avesse ricavato la ispirazione grafica proprio dalle segnalazioni marine che le navi si scambiavano sventolando bandierine, prima che fossero introdotti i semafori per i messaggi in morse luminoso, le radio e i collegamenti satellitari. La “V” rovesciata che sta alla base dell’emblema è in realtà la lettera “N”, nella segnaletica marina, la iniziale di “Nuclear” e la linea eretta verticale sta per la “D”, di disarmo. Dunque la figura completa vuol dire semplicemente “Nuclear Disarmament”.

Fu creato da un grafico, racconta la Bbc che ha ricostruito la storia di questo “marchio” divenuto talmente universale da apparire orfano, come se fosse stata la creatura spontanea di un tempo e di una ribellione. Si chiamava Gerard Holton, ed era stato obbiettore di coscienza durante la Seconda Guerra Mondiale, finita appena 13 anni prima. Convinse lui gli organizzatori della marcia delle 50 miglia che la loro manifestazione esigeva un logo, un marchio, qualcosa che si appiccicasse agli occhi e alla memoria. Pensò a una variazione sul tema della croce cristiana, ma gli parve già molto sfruttata e non necessariamente associata alla pace, nei secoli bui. E alla fine ripiegò sulla combinazione dei due segnali navali, per dire “No alla Bomba” e sì al disarmo nucleare.

Neppure lui avrebbe potuto sperare che quel simbolo, subito accusato da alcune femministe di essere pericolosamente fallico, si sarebbe attaccato alla fantasia del mondo diventando immediatamente leggibile e riconoscibile dal Tibet all’Arabia Saudita, dove ancora compariva sugli elmetti dei soldati americani pronti a invadere Iraq e Kuwait nel 1991.

L’omino disperato invase l’America, dalle strade della San Francisco hippy della “estate dell’amore” ai motoscafi dei soldati lungo il Mekong in Vietam. Occupò le marcie di Woodstock, si fuse con il Sessantotto, divenendone uno dei luoghi principali. Terrorizzò il governo del Sudafrica negli anni dell’Apartheid razziale, che tentò di dichiararlo ufficialmente fuorilegge con prevedibile insuccesso, perché nella sua assoluta semplicità grafica basta un pennarello, una bombola, una matita grossa per essere riprodotto all’infinito. Fu accusato, dai soliti fanatici del cristianesimo bellicista americano di essere un simbolo satanico, un richiamo all’Anticristo, con quel sospetto di croce a testa in giù, venerato dai seguaci di Belzebù.

Lo ripresero gli attivisti neri dei diritti civili, per indicare subito, con Martin Luther King, la loro filosofia di rivolta non violenta e di rifiuto di armi e sangue, rifiuto che non fu accolto da chi sparò loro addosso. Costrinse generali e ufficiali superiori a inseguire i soldati che lo esibivano, vedendovi un segno di scarsa bellicosità, di dissenso, di ammutinamento pacifico: in Vietnam era passibile di punizioni fino alla corte marziale, quando ancora era esibito da pochi renitenti, prima che divenisse troppo diffuso per essere represso senza mandare davanti alla corte intere divisioni di Marines e fanti. Si arrese infine, dopo la guerra, il governo americano stesso che lo immortalò in un’emissione di francobolli negli anni ‘60, secondo il saggio principio del “se non puoi sconfiggerli, unisciti a loro”.

Finì su un pacchetto di sigarette molto fumate dai soldati americani, le Lucky Strike e nessuno osa calcolare quante volte e dove sia stato riprodotto in questi 50 anni, tra T-shirt e bandiere. E’ stato un po’ insidiato dai colori dell’iride, quell’Arcobaleno pacifista che, soprattutto dopo l’invasione dell’Iraq, ha cominciato a sventolare anche nelle strade di Londra dove l’omino depresso era nato, ma l’Arcobaleno si presta a equivoci, rappresenta coalizioni variopinte, inter razziali negli Stati Uniti, dove fu creato per la “Rainbow Coalition” del reverendo Jackson, e interpartitiche nei listoni elettorali italiani.

Su quella figura che segnala disarmo, invece, non ci possono essere dubbi. Si può dissentire, addirittura fare causa a chi la espone in giardino, come è accaduto a una coppia di Denver, giudicarla ormai leziosa, demodé, inutile, ora che l’incubo del reciproco annientamento nucleare, così intenso nel 1958, ha lasciato - temporaneamente - la poltrona ad altri incubi elettoralmente più profittevoli. Ma come l’indice e il medio aperti a “v” di Churchill, anche questa curiosa ipsilon rovesciata che né il creatore inglese, né il suo corrispondente americano Ken Kolsburn vollero mai depositare e brevettare, rinunciando così a miliardi di royalties, vivrà ogni volta che l’umanità con un pretesto politico, religioso, economico, razziale, troverà un altro modo per massacrarsi. Cioè per sempre, il che spiega l’aria un po’ moscia e depressa dell’omino cinquantenne, ma ancora in piedi.

(21 marzo 2008)

domenica 23 marzo 2008

LE BANDIERE ARCOBALENO AL MEMORIAL SPADINO

Hola carissim*,
volentieri richiamo su questo blog il comiunicato "LE BANDIERE ARCOBALENO AL MEMORIAL SPADINO" comparso sul rinnovato (era ora...) sito del "Coordinamento Motociclisti - Associazione di utenti delle 2 ruote"
Lampos a todos
↓seppe

PERCHE' LE BANDIERE ARCOBALENO AL MEMORIAL SPADINO

Per noi, che dell’andare in moto abbiamo fatto un tratto distintivo del nostro stile di vita - anche se per campare stiamo dietro ad uno sportello di banca, guidiamo l’autobus, vestiamo la divisa da poliziotto o la toga da magistrato - la moto non è solo un pratico mezzo di trasporto: è anche un insostituibile strumento di conoscenza e socializzazione, un traduttore simultaneo universale grazie al quale stringere amicizie in ogni angolo della terra, superando gli ostacoli delle lingue, delle religioni e dei costumi.

La moto può trasformarsi in un imbattibile strumento di pace, se lo si vuole.
Per questo motivo, e solo per questo, la bandiera arcobaleno con la scritta “PACE” è sempre stata presente al Memorial Spadino, insieme con quelle del CM e della FEMA, fin dalla prima volta.
E lo sarà ancora, quest’anno ed in quelli a venire. Per questo, vogliamo invitare chiunque verrà alla manifestazione a portar con sé una bandiera arcobaleno da far garrire sulla moto quando, tutti insieme, sfileremo in corteo lungo la statale da Morgex fino al Tunnel del Monte Bianco.
Sarà il nostro modo - un bel modo - di dire chi sono i motociclisti: gente per la quale amicizia, solidarietà, giustizia sono parole che hanno ancora un profondo significato. Sarà un modo per dire agli “altri” – quelli che ci osservano senza riuscire a decidersi se provare invidia o paternalistica disapprovazione - che siamo una grande, bella famiglia.
I tempi in cui viviamo, segnati da continui e sempre più sofisticati attacchi ai nostri diritti e perfino alla nostra libertà individuale, mascherati da provvedimenti per la sicurezza, la salute pubblica o l’ambiente, ce lo impongono. La libertà non si tocca.

Riccardo Forte, presidente del Coordinamento Motociclisti

venerdì 21 marzo 2008

IX MEMORIAL SPADINO 2008 - 29 MARZO MORGEX(AO)

Hola carissim*,
come ogni anno il "Coordinamento Motociclisti - Associazione di Utenti delle 2 Ruote" organizza il Memorial Spadino, giunto ormai alla IX edizione.
Pierlucio Tinazzi, “Spadino” per gli amici, era un dipendente della Società Traforo del Monte Bianco. Per il suo lavoro usava una moto, con la quale percorreva il tunnel.
Quando, il 24 Marzo 1999, scoppiò un incendio terribile e devastante nel quale
persero la vita 39 persone, Spadino prese la sua moto e ritornò nella galleria per un
estremo tentativo di salvataggio, nel quale perse la vita.
Da allora, ogni anno i motociclisti si ritrovano all’ingresso del traforo per ricordare a tutti la generosità ed il coraggio di Spadino per chiedere alle istituzioni un maggiore impegno per la sicurezza delle strade.

Dettagli e maggiori informazioni li trovate sul volantino che potete scaricare e possibilmente diffondere.
Ciao e grazie
Lampos a tod*s
↓seppe

29 marzo 2008: primo girinmoto dell'anno nuovo Millecurve e Lago di Corbara

Hola carissim*,
i miei colleghi propongono il seguente girinmoto per sabato 29 marzo 2008.

La Gita
L'idea è di Roma - Lago di Corbara e ritorno, passando per Montefiascone, Orvieto e Todi secondo il percorso sotto illustrato.
Per chi ama il misto stretto questa è la gita ideale, in particolare il tratto delle Mille Curve che va da Orvieto a Todi è a dir poco spettacolare!!! Qui si impara a guidare sul serio e per chi già esperto il divertimento è assicurato.
Anche il tratto di ritorno tra Todi ed Orvieto, la ss448 che costeggia il lago di Corbara è bello panoramico.


L’appuntamento
Appuntamento alle ore 09,00 al centro commerciale Euclide sulla Via Flaminia.
Cortesemente arrivate con il pieno già fatto, la colazione invece la possiamo fare anche li che c’è il bar con degli ottimi cornetti.
Partenza inderogabile alle ore 09,30

Il percorso

1.Roma-Viterbo: percorreremo la Cassia Bis fino al Bivio per Monterosi per poi prendere la Via Cimina che ci condurrà a Viterbo

2.Viterbo-Montefiascone-Orvieto: da Viterbo si seguono le indicazioni per Montefiascone e successivamente per Orvieto dove arriveremo percorrendo il primo tratto della SS 71

3.Orvieto-Todi e ritorno a Roma: arrivati ad Orvieto continuiamo sempre sulla ss71 in direzione Arezzo ma appena passato il ponte del Tevere giriamo a destra in direzione Todi passando per le frazioni di Colonnetta, Prato, Prodo, etc fino a sbucare su una grande strada la ss448. Qui gireremo a destra per andare verso il Lago di Corbara (sempre percorrendo la SS448) e dopo circa 3 o 4 km ci fermeremo a mangiare in un bar tavola calda che stà proprio sulla strada alla vostra destra. In questo posto pur stando tutti assieme i motociclisti potranno scegliere se magiare un panino o un piatto di pasta. Una volta mangiato si riparte sempre in direzione Lago di Corbara per poi arrivare nuovamente ad Orvieto per poi tornare per la medesima strada dell’andata.

Le mappe (Servizio Google Maps)

1. Tratto Roma - Ronciglione (Km 55.5)
2. Tratto Ronciclglione - Montefiascone (Km 37.4)
3. Tratto Montefiascone - Orvieto Scalo (Km 28.7)
4. Tratto Orvieto Scalo - Colonnetta di Prodo (Km 11.0)
5. Tratto Colonnetta di Prodo - Ponte (incrocio con SS448) (Km 26.2)
6. Tratto Ponte - Lago di Corbara (Km 13.6 - in questo tratto ci fermeremo per il pranzo)

7. Ritorno a piacere:
  • Stessa strada dell'andata (Km 173)
  • E45 + SS3 Flaminia (Km 122)
  • E45 + A1 (Km 124)

Chi volesse partecipare inserisca un commento a questo post con i suoi recapiti che provvederò a contattarlo.
Lampos a tod*s
↓spepe